Questioni di stile. Un piccolo ricordo di Giorgio Almirante
Il
giorno delle nostre nozze, a metà del pranzo, già estenuati dai saluti,
dalle pose per il fotografo che ci schiavizzava, dai vestiti che
diventavano sempre più stretti, con sorrisi sempre più tirati e con
ancora il primo ormai freddo nel piatto, arrivò trafelato al nostro
tavolo l’amico Ignazio, certamente uno dei responsabili del nostro
incontro e quindi del misfatto appena consumato.
Si avvicinò a noi
quasi circospetto, era stato invitato alla cerimonia, ma non aveva
potuto parteciparvi perché quel giorno, sabato 12 maggio 1984, doveva
fare gli onori di casa a Giorgio Almirante, segretario del MSI, in
visita a Milano.
Lo accogliemmo con grande familiarità, ma
Ignazio tagliò presto corto con i convenevoli e con il fare di chi
quasi svela una congiura, ci disse : “ Qui fuori c’è Giorgio Almirante,
me lo sono portato con me per farvi un saluto, chiede il permesso di
poter entrare, cosa faccio, gli dico di sì?”
Dopo un attimo di
stupore, all’unisono, entrambi acconsentimmo, senza nemmeno consultarci
con uno sguardo, e fu già un buon primo segno che il matrimonio
funzionava.
Ignazio ci sorrise e dopo qualche minuto entrò nella
vasta sala del ristorante con Giorgio Almirante e Franco Servello, per
anni storico responsabile della federazione di Milano.
Tutti gli
invitati furono presi in contropiede dal materializzarsi di quell’uomo
carismatico, da molti amato, da tanti contrastato ma mai veramente
odiato.
Trascorse qualche secondo, poi partì un applauso convinto
ma quasi pudico che si trasmise di tavolo in tavolo, mentre il nostro
Segretario, sorridendo a ogni sguardo che incontrava, raggiunse noi due
, gli sposi.
Salutò e baciò la sposa e poi il sottoscritto, poi
strinse la mano ad uno zio di mia moglie, reduce di El Alamein, che non
riuscì a nascondere una forte commozione e si lasciò andare ad un pianto
dapprima a stento trattenuto.
Il tempo di qualche fotografia in
posa, poi Giorgio Almirante attraversò nuovamente la sala diretto
all’uscita, salutando i numerosi invitati sempre con il suo sorriso da
gentiluomo.
Perché ho raccontato tutto questo ? Per farmi bello con voi?
No, ovviamente no.
Perché
in questo mondo, dove mediocri personaggi portano la propria scorta
perfino all’Ikea o alla Coop, per sentirsi meno piccoli di quel che
sono, dove comici del vaffa , lontani anni luce dallo humour sottile che
distingue l’intelligenza della battuta dalla vacuità dell’insulto,
dove pasticcioni incapaci di seguire un ideale per più di un quarto
d’ora campano di sole poltrone, ricordare Giorgio Almirante è un dovere
morale.
Nel piccolo episodio narrato si evidenzia tutta la classe
dell’uomo, che con umiltà chiede il permesso perché sa che quel
matrimonio è per prima cosa la festa di due ragazzi che si affacciano
alla vita.
Un uomo che entra in punta di piedi, senza arroganza,
senza parole urlate, eppure trasmette a tutti, anche a chi magari ha
altre opinioni, un fremito di ammirazione e rispetto.
Un uomo che non ha perso l’abitudine al sorriso, dopo anni di odio , di lutti, di insulti e calunnie.
Un
uomo che non ebbe bisogno di alcuna scorta nemmeno il giorno che si
recò al funerale di Enrico Berlinguer , fendendo ali di folla fino ad un
minuto prima decisamente ostile.
Ieri un uomo, oggi un gigante.
Eugenio Pasquinucci ,
17 maggio 2014
( fonte
Destra.it )